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le larve - fantasmi كلمات الأغنية

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eccoli i fantasmi dei rimpianti dichiarati. io che pensavo d’averli seminati, sono tornati. la mancanza del presente e del p-ssato,
il ricordo dei veleni, il principio dei miei amori e del loro omicidio.
c’è chi pensa io non abbia un cuore,
io non paghi ogni anima bruciata col dolore, che l’amore io lo sappia gestire senza dovere trovare ogni volta un equilibrio su un filo sottile;
ci sono il mio fallimento, la mia delusione,
e oggi siete fantasmi, non più persone.
il mio presente è distante ormai dalla considerazione di ognuno di voi.
il mio p-ssato mi sta appiccicato e non se ne va mai.
e malgrado la lezione che ho imparato, dimentica e perdona, funziona.
ma la realtà non sarà mai quella di prima, d’altronde bambina, una rosa non è vera se prima non ha avuto qualche spina.
eccomi ancora, quello sguardo ecclatante,
non dice niente, nè il vero nè mente, niente, nè vaffanculo, nè ci manchi, nè grazie.
riportarci sempre con te nei tuoi occhi stanchi, nel bene o nel male, la notte o col sole, con gli incubi e qualche volta persino nel cuore.
e oggi niente sa di voi da quando siete morti.
io mi immagino e suppongo, e sicuramente sbaglio, e taccio,
ho imparato a stare zitto, io non vi giudico, chissà se fate lo stesso. c’è voluto tanto tempo, sapete, per ripulirmi il sangue dal veleno,
per smettere di avere sete di vendetta,
la stessa che quando l’ho bramata, l’ho aspettata e alla fine l’ho ottenuta senza avere fretta.
e adesso che sono cresciuto l’ho capito,
sono solo, l’ho accettato,
ma non è a uno specchio che cerco significato.

tu sei il sole che risplende nel mio cielo.
la mia pace, la mia valvola di sfogo.
il mio equilibro astratto l’ho riflesso su di te,
solo che io ancora non ti ho trovata.
sei la luce che risplende il mio cammino,
adesso dimmi dove vai,
stammi vicino,
non lasciarmi qui come hanno fatto in tanti
solo perché erano stanchi
di tutti quanti i pianti.

quest’altra strofa te la dedico,
chiudo in bellezza.
chissà se mai la sentirai, dolcezza.
chissà se mai vorrai capirla.
io lo so che non sei stupida,
ma sei una bimba.
ti scrivo lettere d’amore dall’inferno personale,
sono padrone del mio dolore, del mio stato mentale,
dal mio artificio la scelta di soffrire.
la mancanza di certe persone,
è il mio limite la delusione.
non hai imparato ancora a proseguire senza aspettative o vivere senza soffrire, e a dire
la verità quando fa male preferisco attirare l’attenzione sui miei difetti, che non sulle mancanze di voi esseri perfetti: una logica impeccabile. trovo cattiveria scoperchiare quella che io chiamo “la vostra casa delle bambole” e quelle quattro mura per me sono un limite, ma solo perché ho fatto un giro fuori margine. sono un custode di tesori relativi, buoni o cattivi.
e’ solo immagine,
questione di lavoro
ognuno ha i suoi obbiettivi, ognuno la sua etica. ma siamo tutti vivi, ognuno di noi merita la libertà e io non la ritrovo in chi pensa che esista una sola verità.
ma chissà, forse dovrei darci un taglio, sono io che sbaglio. un faro che parte dagli occhi che a volte causa un abbaglio. ma voglio
apparire persino arrogante:
io in comune con tutta questa gente non ho niente,
niente da spartire, niente da parlare, niente da voler far finta d’ascoltare,
niente da fare. questo è il mio modo di spiegare, per il resto, resto muto, e con questa merda p-sso e chiudo.

tu sei il sole che risplende nel mio cielo.
la mia pace, la mia valvola di sfogo.
il mio equilibro astratto l’ho riflesso su di te,
solo che io ancora non ti ho trovata.
sei la luce che risplende il mio cammino,
adesso dimmi dove vai,
stammi vicino,
non lasciarmi qui come hanno fatto in tanti
solo perché erano stanchi
di tutti quanti i pianti.

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